Captivo è uno spettacolo di teatro canzone, un quadro espressionista, costituito da personaggi teatrali e cinematografici legati dalla loro peculiarità di essere costantemente border line, sulla linea di confine tra Bene e Male. Una sequenza sorprendente, originale, innovativa. La recitazione, l’interpretazione capovolgono le carte sul tavolo, si fa parlare Viviani come se fosse diretto da Kubrick e si riveste la violenza di genere di finto amore, fino ad una tirata della Commedia dell’arte. Voci che cambiano, intenzioni inaspettate, personaggi capovolti.
Spesso, nel Teatro e al Cinema le parole sono state sottovalutate, musicate da una melodia allegra o velate da belle immagini.
Avete mai ascoltato con attenzione il testo de “‘A Retena de’ scugnizze” di Viviani?
Grazie all’accompagnamento da Festa popolare, forse sfugge quello che in effetti è un accordo tra ragazzini forse più che semplici “mariuncielle”, un accordo anche abbastanza duro.
E cosa differenzia l’attacco prepotente e senza motivo al debole Mimì di Montemurro o alle femmine di Festa di Piedigrotta da parte dei Bazzarioti, dallo spirito che muove Alex e i suoi drughi in Arancia Meccanica?
Captivo vuol dire, oltre che cattivo, prigioniero. Qual è il confine tra carceriere e carcerato, chi imprigiona chi?
In scena con Gianfranco Gallo, il chitarrista solista jazz Antonio Maiello (un numero uno del panorama nazionale), la sua musica, come un’onda densa e continua, asseconda la traversata. Insieme a lui il polistrumentista Michele Visconte.