presentazione
Le Kalìka sbocciano per caso da una fortuita collaborazione musicale, divenuta prima un progetto vocale a
cappella, tutto al femminile, impreziositosi poi della collaborazione di un ensemble di musicisti.
In linea con il principio del nomen omen, in lingua hindi la parola kalìka significa “bocciolo” e proprio
l’immagine di un fiore in potenza, qualsiasi fiore, colto nell’attimo prima di manifestarsi in tutta la sua piena
ed unica bellezza, è parso adeguato per nominare questo progetto musicale.
Tre donne, tre voci e tre anime si sono incontrare e scelte tra le righe e nelle note di originali
riarrangiamenti di brani editi, attinti dalle diverse esperienze musicali in gioco, e di pezzi inediti tutti da
scoprire.
Era l’8 Marzo 2019. Galeotta fu la particolare ricorrenza della Festa della Donna e la volontà di omaggiarla
con un’intimistica reinterpretazione di un brano di Enzo Gragnaniello, portato al successo dalla voce
profonda ed unica di Mia Martini.
Un testo fortissimo, esplicito e di denuncia sociale, purtroppo ancora attuale, che racconta senza troppi
giri di parole quante violenze le donne siano costrette a subire.
Da Donna, da quell’arrangiamento minimale per sole voci, il progetto musicale Kalìka è andato pian piano
sviluppandosi, definendo quei contorni evanescenti che tuttavia esistevano già.
Il lavoro minuzioso di costruzione del progetto musicale, dal repertorio al sound, è stato supportato da
un’intensa attività di ricerca, personale e di gruppo, che ha preso le mosse dallo studio di sonorità
percepite vicine e viscerali, quelle della musica non solo partenopea ma anche, ad esempio, della
importante tradizione popolare siciliana, fino a valicare confini geografici e culturali, recuperando il dolore
struggente del fado portoghese o il ritmo lento, cadenzato e sensuale della canzone messicana degli anni
’40.
Il concept concert “Ago, filo ‘e parole…” (che recupera il titolo proprio dal primo lavoro discografico del
gruppo), si costruisce attorno all’immagine archetipa di una Donna pensata come una moderna Penelope
seduta dinanzi al telaio della sua anima che si racconta mentre, dedita ad una pacifica industriosità,
attende qualcuno o qualcosa.
Ella intreccia così, con abilità e sapienza, parole e musica per raccontarsi e raccontare, allo stesso tempo,
amori impossibili vissuti sotto i cieli d’oriente, notti insonni trascorse nel pensiero costante dell’amato
assente, intona melodie dedicate a Selene, dea bella e luminosa che amava l’oscurità avvolgendosi nel suo
abbraccio. I ricordi, l’attesa, le suggestioni antiche e mistiche si mescolano per dare vita all'arte di cui la
donna si fa artefice, consapevole e appassionata. Ella rinasce, quindi, dopo l’attesa paziente ed incomincia a
cantare sé stessa, l’amore, la vita.
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