presentazione
Prodotta dal teatro Trianon Viviani, in collaborazione con Scabec e fondazione Campania dei Festival – Campania teatro festival, Trianon Opera – tra pupi, sceneggiata e Belcanto è il titolo del nuovo spettacolo di Roberto De Simone.
Questo lavoro segna il ritorno del maestro napoletano nel teatro di Forcella – diretto artisticamente da Marisa Laurito – che aveva reinaugurato nel dicembre 2002 con la riscrittura melodrammatica di Eden teatro di Raffaele Viviani.
De Simone, che ha messo in scena Trianon Opera con Davide Iodice, per la regia televisiva di Claudia De Toma, spiega che lo spettacolo «innanzitutto intende essere una esplorazione storica e antropologica sulla religiosità napoletana sia a livello colto gesuitico, sia a livello popolare», attorno a un «documento scritto che fa da cardine esplorativo: l’opera Il vero Lume tra le ombre – più nota come La Cantata dei pastori – del drammaturgo gesuitico Andrea Perrucci, stampata nel 1698 e rappresentata in prima esecuzione in quello stesso anno».
L’autore si era già interessato alla Cantata con un allestimento nel 1974 al teatro san Ferdinando e con una versione televisiva nel 1977, prima produzione a colori della sede Rai di Napoli. Più recentemente con un saggio edito da Einaudi nel 2000.
«Scritta in versi italiani e napoletani, la Cantata era rappresentata nel periodo natalizio, sia in teatri parrocchiali sia in teatri popolari, ad opera di attori amatoriali affiancati da attori professionisti, subendo modifiche, aggiunte, trasformazioni circensi, e ripubblicata anno per anno dalle diverse compagnie per tutto il Settecento, e poi nell’Ottocento da altre edizioni napoletane, documentandone la vitalità religiosa e rituale fino alla prima metà del Novecento, per poco più di duecentocinquanta anni». «Ma Trianon Opera non presuppone una filologia revivalistica relativa al Natale – chiarisce De Simone –, né una riproposizione come modello esemplare rispetto a un testo secolare, che oggi è uscito definitivamente dalla tradizione, spentasi circa nel 1970, quando non produsse più autentiche rappresentazioni devozionali: la mia riscrittura di brani dell’opera si vale di una trasposizione con l’Ipa (International phonetic alphabet, cioè l’Alfabeto fonetico internazionale) del testo perrucciano, secondo la storica pronuncia orale dell’italiano da parte degli attori di tradizione napoletana, rendendone quasi incomprensibile il significato verbale, come si addice a un testo sacro».
«La parte musicale fa riferimento, fra l’altro, alla virtuosistica partecipazione dei celebri sopranisti evirati – aggiunge l’autore –che, nel Settecento, devozionalmente, nel periodo natalizio, nelle chiese e nei teatri parrocchiali si esibivano per un vasto pubblico, sia pur differenziato culturalmente». Ecco quindi una serie di arie di bravura, interpretate dal soprano Maria Grazia Schiavo, composte da Carmine Giordani (Giordano), Giovanni Battista Pergolesi, Domenico Cimarosa, Riccardo Broschi, Wolfgang Amadeus Mozart, Leonardo Vinci e anche Vincenzo Bellini, con un brano finale dello stesso De Simone, eseguite dai solisti dell’orchestra la Nuova Polifonia diretti da Alessandro De Simone.
«Alla fine spero di avere coniugato poeticamente – conclude il maestro De Simone –Storia e metastoria, scrittura e oralità, religiosità ufficiale e cristianesimo popolare, ricchezza della tradizione e degradato vuoto della contemporaneità teatrale, musicale e cinematografica; tuttavia, le musiche e le immagini televisive del presente melodramma vanno considerate come allegorie medievali e metafore multisignificanti».
La storia vede Maria Vergine e Giuseppe, rispettivamente interpretati da Michele Imparato e Pino Mauro, alla ricerca di un riparo sicuro a Betlemme, dove partorire il Bambin Gesù. Il loro viaggio viene ostacolato da Belfegor (Rosario Toscano), il demonio, con l’intento di impedire che il potere del bene arrivi sulla terra e che l’umanità si possa redimere dal peccato originale. Allo stesso tempo la coppia viene protetta dalla spada di Gabriello Arcangelo (Veronica D’Elia). Sia l’Arcangelo che il demonio, durante la vicenda, fanno ricorso a vari travestimenti, mostrandosi l’uno come viandante e sibilla e l’altro come masnadiero e tavernaio. A tali ben noti e sacri personaggi, se ne aggiungono altri di natura profana, come il vecchio pastore Armenzio (Antonio Buonomo) con il figlioletto Benino (Luca Lubrano), il pescatore Ruscellio (Biagio Musella), lo scrivano partenopeo Razzullo (Oscar Di Maio), inviato dall’imperatore a Betlemme per il censimento delle nascite. I pupazzi sono di Flavia D’Aiello.
Proprio Razzullo spiega la particolarità di quest’Opera al tempo del covid-19: «Ma mo, nfine arrivate, / a lu Trianon chiammate / pe’ misteriose vie / a recitare da nu munno a n’ato / sta Cantata / cu nu pubbrico assente in pandemia / senza siŝchi e senza sbattute ‘e mano / senza chi ce sente o ce vere / alla cecata, / cunzideranno chest’esibbizione / na partita a tressette cu lu muorto, / n’incontro ‘e boxe / senz’avversarie / addo chiavammo punie rint’a ll’aria / fino a mettere nderra / kappa-o l’avversario / cuntanno la vittoria».